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Il welfare aziendale un anno dopo: welfare “spicciolo” oppure no? Le scelte dei lavoratori grazie all’indagine Censis – Eudaimon

Andrea Testi / Damiana Mastantuono
01 marzo 2018
TEMI MEFOP
  • Welfare contrattuale e aziendale
  • Organizzazione e Comunicazione
DESTINATARI
  • Fondi sanitari

Nel primo Rapporto Censis – Eudaimon[1] viene presentato l’andamento del welfare aziendale a poco più di un anno dagli ultimi interventi di rilancio normativo, avvenuti ad opera rispettivamente della Legge n. 208/2015 (articolo 1, commi 182 e ss.) e della Legge n. 232/2016 (articolo 1, commi 160 e ss.). Da questo rapporto emergono alcune indicazioni importanti sui comportamenti e le scelte dei lavoratori nonché sul possibile sviluppo futuro del fenomeno.

In primis, è interessante notare come - ad oggi - il welfare aziendale venga visto come una ottima soluzione per i lavoratori quadri e dirigenti, mentre non venga riconosciuto utile da operai e impiegati, i quali preferiscono ricevere le somme in busta paga, seppur tassate.

Tale evidenza può essere spiegata in parte dal fatto che, diversamente da quanto accade per il segmento del lavoro dirigenziale o equiparato, che da sempre ha familiarità con politiche di retribuzione basate sulla logica del total reward, la categoria degli impiegati e degli operai comincia ad essere interessata dal fenomeno del welfare aziendale solo in tempi più recenti. A monte di questo dato, dunque, è possibile ritrovare uno scarso livello di conoscenza dell’offerta di welfare aziendale presente nella propria azienda (nell’indagine viene evidenziato come solo il 17,9% dei lavoratori ha una conoscenza precisa del proprio welfare aziendale) che influisce fortemente sull’utilizzo dello strumento da parte dei lavoratori stessi.

Il differente utilizzo del welfare aziendale da parte delle classi di reddito medio-basse è dovuto, inoltre, all’esistenza di problemi di sostenibilità reddituale tale da rendergli più attrattivo il premio in busta paga piuttosto che in servizi. La sfida che il settore del welfare aziendale dovrà affrontare in un futuro è proprio quella di riuscire a coinvolgere questa tipologia di lavoratori e rendere più attrattivi i servizi offerti; del resto, sono proprio i lavoratori con redditi medio-bassi ad aver maggior bisogno di adeguate forme di welfare.

Le prestazioni di welfare aziendale più richiesteNell’indagine vengono analizzate anche le prestazioni più utilizzate dai lavoratori ed in questo caso emergono risultati abbastanza significativi in merito alle scelte dei lavoratori che si concentrano sull’area della salute e della previdenza. Questo dato si allinea con l’idea di un welfare privato piramidale che vede la previdenza complementare e l’assistenza sanitaria integrativa, nelle sue componenti contrattuali-collettive e di livello per lo più nazionale e/o territoriale, come base fondamentale su cui poggiare gli ulteriori fringe-benefits legati al singolo rapporto di lavoro e finalizzati a incentivare politiche retributive virtuose.

Dove utilizzato, il welfare aziendale è riuscito ad offrire ai lavoratori, e ai cittadini in genere (si pensi a tutto l’insieme dei benefits esteso ai nuclei familiari), una maggiore sicurezza e tutela per il proprio futuro. Notevoli sono anche gli effetti in chiave di miglioramento della produttività e del clima aziendale.

Le sfide che però riguardano il settore sono legate a due aspetti:

  • Coinvolgere maggiormente i lavoratori con redditi medio-bassi
  • Coinvolgere maggiormente i lavoratori delle piccole e medie imprese

Per il primo aspetto è fondamentale una migliore comunicazione da parte delle aziende che renda le prestazioni offerte più attrattive a tutti i lavoratori, evidenziandone maggiormente i vantaggi anche nel breve periodo (es. l’assistenza sanitaria).

Per lavoratori della piccola impresa – fortemente presente nel tessuto economico italiano (oltre il 60% degli occupati lavora in micro e piccole imprese) – si rende, invece, necessario sviluppare processi aggregativi che possano far diventare il welfare aziendale una componente del welfare territoriale o di settore. Solamente attraverso meccanismi di accorpamento delle risorse è possibile rendere lo strumento del welfare aziendale sostenibile per le aziende e vantaggioso per i lavoratori. Le aggregazioni potrebbero avere nelle parti sociali e nella contrattazione di primo livello un luogo dove potersi realizzare o essere agevolate. In questo senso, i recenti accordi territoriali firmati dalle principali associazioni datoriali[2]  potranno costituire un’ottima base per il rilancio di politiche di welfare anche in aziende medie, piccole e scarsamente sindacalizzate. Quello della penetrazione delle politiche di welfare aziendale in questa tipologia di aziende costituirà un dato importante da monitorare.

Da questa prima analisi emerge che il welfare aziendale – seppur ancora non presente in tutte le realtà – è stato interpretato e utilizzato nel modo più corretto e utile dai lavoratori; il prossimo obiettivo deve essere quello di renderlo il più universale possibile attraverso una maggiore facilità di accesso ed un miglioramento della qualità delle prestazioni offerte.

Un’ulteriore sfida, infine, potrebbe essere riservata alle fonti istitutive e potrebbe essere quella di completare l’operazione di diffusione/armonizzazione delle politiche di welfare aziendali con le politiche di welfare contrattuale, realizzate dagli altri enti bilaterali, a livello nazionale e soprattutto territoriale.  

 

 

 


[1] I dati pubblicati nell’articolo sono tratti da 1° Rapporto Censis- Eudaimon sul welfare aziendale – Roma,24 gennaio 2018

[2] Rif. A titolo meramente esemplificativo: Accordo Quadro Confindustria – Cgil, Cisl, Uil del 14 Luglio 2016; Accordo Quadro Territoriale Confindustria Pesaro Urbino – Cgil Pesaro Urbino, Cisl Pesaro Urbino, Uil Pesaro Urbino del 6 ottobre 2016; Accordo Quadro Territoriale Confcommercio Roma – Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs del 14 novembre 2016; Confcommercio Emilia Romagna – Cgil Emilia Romagna, Cisl Emilia Romagna, Uil Emilia Romagna, Filcams Cgil Emilia Romagna, Fisascat Cisl Emilia Romagna, Uiltucs Emilia Romagna del 23 febbraio 2017;

Andrea Testi
Mefop

In Mefop dal 2006. Laureato in Economia e Commercio, si occupa dei progetti on demand di comunicazione, organizzazione e consulenza.

Damiana Mastantuono
Mefop

In Mefop dal 2000. Avvocato Specialista in lavoro e previdenza. Laureata con lode in Giurisprudenza. É responsabile della formazione e dei "progetti speciali" di Mefop e collabora alle attività dell'area normativa e istituzionale.