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Prestazioni assistenziali delle casse: contano le previsioni del regolamento

Paolo Giuliani
12 aprile 2021
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La questione su cui si è pronunciata la Corte di Cassazione (ordinanza n.27541/2020) riguarda il caso di un avvocato al quale la cassa aveva respinto la richiesta della prestazione assistenziale in quanto superava sia pure di poco i limiti di reddito - previsti dal relativo regolamento - per essere considerato in stato di bisogno.

Le funzioni degli enti di previdenza dei professionisti comprendono anche la corresponsione di prestazioni assistenziali a favore di iscritti, pensionati e loro familiari che si trovino in una condizione di bisogno o di difficoltà economica.

Nel tempo le strutture regolamentari degli enti, in questo settore, hanno assunto una connotazione sempre più complessa e completa al fine di fornire una copertura per quanto possibile integrale all’iscritto che si trovi in difficoltà, quasi a creare una sorta di parallelismo con l’assistenza sociale garantita dallo stato e dagli enti locali. Gli enti di previdenza dei professionisti hanno, peraltro, allargato il proprio ambito di intervento affiancando alle forme di tutela obbligatoria – la previdenza, la maternità e l’assistenza – il c.d. “welfare integrato” caratterizzato da interventi che, a prescindere dallo stato di bisogno o difficoltà economica, sono diretti a garantire gratuitamente al professionista prestazioni, innanzitutto di natura sanitaria, in considerazione della appartenenza alla collettività degli iscritti.

La recente situazione di emergenza connessa all’epidemia da Covid – 19 ha messo in evidenza le prestazioni assistenziali e quelle di welfare integrato erogate dalle casse che hanno, infatti, assunto l’impegno di sostenere i propri iscritti di fronte alla situazione eccezionale originata dalla pandemia.

Per quanto riguarda l’assistenza è necessario individuare le condizioni perché ricorra il presupposto dello stato di bisogno o di difficoltà economica che costituisce il requisito fondamentale per l’accesso ai benefici, si tratta di stabilire, quindi, dei parametri economici. Così, per esempio, l’art. 4 del regolamento per l’assistenza della Cassa forense prevede che il reddito imponibile dei richiedenti, come risultante dalla dichiarazione dei redditi presentata nell’anno antecedente quello della domanda, non potrà essere di importo superiore al doppio della pensione minima erogata dalla cassa nell’anno precedente a quello della domanda.

Alcuni enti di previdenza fanno riferimento all'Isee (indicatore della situazione economica equivalente) che è un indice utilizzato dallo stato e dagli enti locali per riconoscere le prestazioni sociali agevolate. Recentemente i meccanismi di formazione e controllo dell'Isee sono stati migliorati e l'indice è divenuto più affidabile rispetto al passato. Se il riferimento al reddito imponibile ha il limite di non tener conto di elementi patrimoniali, mobiliari e immobiliari, che concorrono a costituire la ricchezza del singolo o della sua unità familiare, sotto questo profilo l'Isee considera non solo il reddito imponibile ma anche componenti patrimoniali che consentono di stabilire la reale condizione economica del soggetto.

Nel momento in cui vengono fissati limiti economici, lo scostamento, anche non significativo da essi, comporta che la domanda dell’iscritto debba essere respinta. Per evitare eccessive rigidità in un settore così delicato può essere utile inserire elementi di valutazione che permettano di aumentare i parametri quando, ad esempio, il nucleo familiare è particolarmente numeroso o è presente un disabile.

Nel caso in esame il ricorrente lamentava che la sua domanda di assistenza fosse stata respinta per uno scostamento marginale rispetto ai limiti reddituali previsti, sostenendo la violazione della normativa di legge previgente alla privatizzazione (artt. 17 e 20 della l. 141/1992) e del regolamento di assistenza della cassa, violazione originata da una applicazione troppo rigorosa   delle disposizioni.  Il professionista reclamava un'interpretazione del regolamento "più corretta e aderente alla lettera e allo spirito della legge ed alla funzione assistenziale e solidaristica della stessa" in modo da consentire l'accesso alla prestazione anche a chi, come lui, "superando (anche di poco) la soglia stabilita, in uno solo dei due anni previsti dal regolamento, ciò nonostante versasse in stato di bisogno".

La Corte ha respinto il ricorso sulla base di un orientamento giurisprudenziale consolidato relativo sia alla autonomia normativa degli enti di previdenza dei professionisti che alla natura dei loro atti di normazione.

In forza della delegificazione della disciplina relativa sia al rapporto contributivo, sia al rapporto previdenziale, che concerne le prestazioni che gli enti sono tenuti a corrispondere ai beneficiari, non può essere lamentata la violazione di legge da parte dei regolamenti delle casse, in quanto la determinazione della relativa disciplina è stata affidata dalla legge all'autonomia regolamentare degli enti, i quali, nel rispetto dei vincoli costituzionali ed entro i limiti delle loro attribuzioni, possono dettare disposizioni anche in deroga a disposizioni di legge precedenti. Si sottolinea che alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 7/2017 anche eventuali interventi del legislatore successivi al processo di privatizzazione devono rispettare i limiti dell'autonomia riconosciuta agli enti.

Un altro aspetto significativo evidenziato dalla Corte è costituito dal riconoscimento, anche esso frutto di un orientamento consolidato, che i regolamenti degli enti di previdenza dei professionisti, indipendentemente dalla prevista approvazione da parte dei ministeri vigilanti, hanno una natura negoziale essendo privi di natura regolamentare in senso proprio. Tecnicamente ne consegue che è inammissibile il ricorso in Cassazione ex art. 360 c.p.c. n. 3 per violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, e l’unico controllo possibile è quello del rispetto delle norme sull’interpretazione dei contratti previste dal codice civile di cui nel caso in questione la Corte non ha ravvisato la violazione.

 

Paolo Giuliani

Dirigente dal 1999 del Servizio Contributi e Prestazioni dell'Enpaf, collabora a pubblicazioni in materia di assistenza e previdenza.