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La leadership e la conversazione in azienda

Alberto Castelvecchi
26 giugno 2017
TEMI MEFOP
  • Organizzazione e Comunicazione
DESTINATARI
  • Casse di previdenza

In un articolo intitolato «Leadership is a Conversation» (Harvard Business Review, giugno 2012) Boris Groysberg e Michael Sind hanno pubblicato i risultati di una ricerca condotta su 150 manager di 100 aziende per individuare un nuovo modello di Leadership.Tutti i manager interpellati hanno detto che l’approccio dirigista e top-down alla conduzione delle persone è ormai largamente superato. Hanno invece menzionato un approccio conversazionale come strumento di Leadership.

Si tratta di un sostanziale cambiamento del punto di vista. Cosa vuol dire, infatti, «condurre» gli altri sulle nostre posizioni? Vuol dire


ISPIRARE
GUIDARE
INFLUENZARE
CONVINCERE

tramite la comunicazione interattiva. Vuol dire riconoscere e rispettare l’interlocutore come «parte attiva e cooperante» nel processo di formazione delle decisioni. 
   

In altre parole: è impossibile «programmare» e «controllare» il nostro interlocutore. 

Non esistono più formule magiche: il nostro cliente / interlocutore è un soggetto critico, vivo, attivo, che ci trasferisce conoscenza tramite i feedback che ci dà. 
Lo stile di relazione da «venditore/manipolatore» è definitivamente tramontato. La nostra comunicazione in azienda avviene sempre più in modalità «sharing» (condivisione di esperienze e conoscenze qualificate), per costruire autentiche e solide relazioni con i colleghi, i partner, i clienti.

Per comunicare in azienda dobbiamo formulare messaggi chiari, senza interferenze del nostro ego e del nostro bisogno di «vincere a tutti i costi». I nostri messaggi devono essere orientati ad azioni – facilmente comprensibili, senza reticenze e doppi sensi. E soprattutto, quello che diciamo deve essere consistente e realistico. Il miglior modo per influenzare gli altri psicologicamente è di non lasciare che la nostra psicologia interferisca a sua volta come «rumore di fondo». Dobbiamo avere argomentazioni franche, solide e consistenti.

Conversazione e Personal Touch 

Si parla molto spesso di «Personal Brand» – la nostra «marca personale» che determina la nostra reputazione pubblica. Ma è ancor più importante il «Personal Touch»: il nostro «tocco» personale, la capacità di sentire emotivamente gli altri. Chi si preoccupa solo del Personal Brand, quando parla con gli altri si chiede: «Che impressione ho fatto? Che ci ho guadagnato in termini di prestigio e reputazione?». Chi è attento anche al Personal Touch si chiede: «Come si sentono gli altri quando parlo? Come si sentiranno dopo avermi incontrato? Sentiranno che ho capito i loro bisogni e mi sono focalizzato sulle loro aspettative?».

Anche nelle grandi organizzazioni, quindi, il modello conversazionale permette di:

  • Trovare un buon punto di equilibrio tra decisione e condivisione
  • coinvolgere e motivare gli interlocutori: più garbo, più tatto, più giovialità
  • fare ricorso all’intelligenza collettiva. Pensare come «noi», piuttosto che come «io e te, io e voi»
  • assicurare un maggiore allineamento strategico: chiarezza su obiettivi condivisi 
  • sviluppare la flessibilità operativa: gli altri modificano il nostro punto di vista, e noi il loro

     

Le  4 «I» della Leadership Conversazionale

le quattro i della leadership conversazionale

 

  • Intimità: ridurre le distanze, cercare sempre e comunque il rapporto umano
  • Interattività: riconoscere l’importanza dell’ascolto attivo e del dialogo
  • Inclusione: far sentire tutti parte della stessa organizzazione e di un disegno comune. Invece di focalizzarci sulle differenze di ruolo e di mestiere, che comunque ci sono, faremo meglio a far capire che stiamo cercando soluzioni comuni
  • Intenzionalità: definire scopi condivisibili che contribuiscano a unire gli sforzi di tutti. Indicare i propri obiettivi imparando a chiedere l’aiuto e il parere degli altri su come ottenerli.

Negoziare e comunicare con la leadership conversazionale 

L’approccio conversazionale è fondamentale per chi affronta un tavolo negoziale, o per chi rappresenta un’azienda o un’organizzazione con i media. Già il modello Harvard della negoziazione win-win ci aveva insegnato che un negoziato è un processo condiviso, da cui dobbiamo uscire con reciproca soddisfazione, nostra e dell’interlocutore. Adesso andiamo ancora oltre, e 2 o più persone che negoziano vengono viste come «partner di conversazione»: ci dobbiamo addestrare all’ascolto, a una fraseologia inclusiva, all’empatia. E anche quando incontriamo i giornalisti o facciamo relazioni pubbliche teniamo presente che ogni dialogo è, in fondo una «negoziazione conversazionale» di valori, visioni, idee da condividere. 

Insomma: portiamo più dialogo, più freschezza, più umanità nella comunicazione d’azienda, a 360 gradi. 
Vi pare poco?

PER APPROFONDIRE

Questi temi saranno affrontati dal Prof. Castelvecchi all’interno del corso: “Leadership conversazionale e media training per investitori previdenziali”. Il corso, della durata totale di 22 ore, prevede anche esercitazioni e role playing mirati a sperimentare sul campo le informazioni acquisite. Per maggiori informazioni e iscrizioni clicca qui 

 

 

Alberto Castelvecchi

Docente presso l’Università LUISS Guido Carli dove insegna: Public Speaking, Linguaggio del Corpo, Soft Skills (Team Building, Leadership, Networking), Editing Avanzato.
Professore Aggiunto nella Faculty LUISS Business School dove svolge un intenso lavoro di formatore con aziende del settore Banca, Sanità, Energy, Automotive, Trasporto Aereo. Esperto di Comunicazione e Leadership, è consigliere per l’immagine di manager, imprenditori, politici.