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Il decreto “sblocca cantieri”: un perenne equilibrio precario tra interessi contrapposti

Paola Chirulli / Samuel Bardelloni
09 settembre 2019
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Il d.l. 32/2019, definito “sblocca cantieri”, convertito con modificazioni dalla legge 14 giugno 2019 n. 55, benché sia stato dettato dall’urgenza, potrebbe definirsi in realtà come una “riforma della riforma”, in quanto volto a promuovere l’ennesimo percorso di revisione del codice dei contratti pubblici, già parzialmente rivisto con il cosiddetto “decreto correttivo” del 2017, anche esso adottato con lo scopo di rilanciare gli investimenti pubblici e superare le criticità normative emerse a seguito del recepimento delle direttive europee.

L’ultima riforma è stata approvata in un momento in cui molti degli strumenti attuativi del nuovo codice non erano stati ancora adottati o comunque non avevano ancora raggiunto la piena operatività, primo tra tutti, da un lato, il sistema di qualificazione delle Stazioni Appaltanti (di seguito S.A.), funzionale alla riduzione del loro numero e, dall’altro, l’albo dei commissari di gara esterni alla S.A., implementato e gestito dall’ANAC con lo scopo di garantire nelle procedure di gara sopra soglia l’imparzialità e la professionalità dei giudizi di valutazione delle offerte.

Lo “sblocca cantieri” non è tuttavia riuscito a porre un efficace rimedio al fallimento (quasi preannunciato) dei due capisaldi della riforma del 2016.

Mentre sulla disciplina di qualificazione delle stazioni appaltanti il legislatore ha per il momento preferito soprassedere, lasciando la definizione dei requisiti tecnico-organizzativi di qualificazione delle stazioni appaltanti ad uno schema di d.P.C.M. (che risulta in fase di approvazione fin dal 2018, ma di cui oggi tuttavia si è persa ogni traccia), la disciplina normativa sui commissari esterni iscritti all’albo costituito presso l’ANAC è stata invece sospesa in via sperimentale fino al 31 dicembre 2020, lasciando fermo l’obbligo di individuare la commissione giudicatrice secondo regole di competenza e trasparenza, preventivamente individuate da ciascuna S.A.

La temporanea sospensione delle norme non ha riguardato soltanto la compilazione dell’albo ANAC dei commissari esterni, invero più volte rinviata dalla stessa Autorità per l’insufficienza delle relative iscrizioni, ma è stata estesa anche ad altre importanti disposizioni normative. Tra queste, in particolare, spiccano quelle riguardanti l’obbligo generalizzato di mettere a gara opere dotate di progetto esecutivo, e non di semplice progetto definitivo, con conseguente divieto dell’appalto integrato (ovvero il divieto, salve eccezioni tipizzate dal legislatore, di affidare congiuntamente, mediante procedura di gara unica, la progettazione e la successiva esecuzione dei lavori pubblici).

La sospensione di tale divieto, se da un lato dovrebbe favorire una più rapida cantierizzazione delle opere, riducendo i costi amministrativi oltre che i tempi di affidamento, trasferendo altresì i rischi di errori e carenze progettuali direttamente in capo all’impresa appaltatrice, dall’altro, tuttavia, assicura anche un ampio margine di scelta all’affidatario, il quale potrà imporre scelte dettate dall’obiettivo di massimizzare il proprio profitto, riducendo eventualmente la qualità dell’opera o aumentandone i costi.

Le altre novità introdotte dalla conversione in legge del d.l. 32/2019 sono numerose e non è possibile in questa sede elencarle tutte. Tra tutte, particolarmente apprezzata dalle associazioni di categoria, è quella volta a recuperare il limite massimo del 30% per punteggio attribuibile all’offerta economica, nell’ipotesi di gare da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ritenuta fondamentale per evitare logiche di massimo ribasso mascherato, nonché quella attinente alla materia del subappalto, che permette ora, in via transitoria, di innalzare la quota massima delle prestazioni subappaltabili fino al tetto del 40%, mentre, in fase di gara, esonera gli operatori economici dall’indicazione della terna dei subappaltatori, fonte di numerosi problemi interpretativi e applicativi, sia per le imprese che per le S.A.

Nell’ottica di semplificazione e accelerazione delle procedure, il decreto prevede inoltre che, in caso di affidamenti sotto soglia europea, le S.A. procedano all’aggiudicazione dei contratti sulla base del criterio del minor prezzo, ovvero sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa determinata dal miglior rapporto qualità/prezzo, senza obbligo di motivare la scelta del criterio. La norma, riscritta in sede di conversione, lascia libere le S.A. di scegliere tra l’uno e l’altro criterio, sebbene quello del minor prezzo, in passato, si sia dimostrato facilmente incline a distorsioni applicative e prestazioni di scarsa qualità.

Per quanto riguarda invece la tecnica di attuazione delle norme del codice, l’innovazione dello “sblocca cantieri” consiste in un ritorno al passato.

Con il nuovo codice si era passati da un regolamento di esecuzione e di attuazione (il d.P.R. n. 207/2010) ad una molteplicità di atti di indirizzo, di linee guida a carattere generale (soft law) e di decreti, da approvare a cura di diversi soggetti competenti in materia (tra i quali, in particolare, l’ANAC e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), mentre il decreto attuale è tornato a preferire l’uso del regolamento, prevedendo l’approvazione (nei prossimi mesi) di un nuovo regolamento attuativo, all’esito di una procedura che in passato ha già richiesto diversi anni di tempo per essere completata. In questo senso, se i provvedimenti di soft law si caratterizzavano per un maggior grado di flessibilità e di capacità di adattamento all’evoluzione delle fattispecie operative, dall’altro lato, rischiavano di generare maggiore incertezza sia in termini di dettaglio delle regole, sia in merito alla relativa portata prescrittiva.

Il nuovo regolamento, tuttavia, assorbirà o abrogherà soltanto una parte degli attuali provvedimenti attuativi del codice, lasciandone in vigore una parte molto consistente. Vi è dunque il rischio che l’incertezza che si voleva eliminare tornando alla precedente tecnica di regolamentazione rigida possa addirittura aumentare, anche tenuto conto del fatto che, nelle more dell’emanazione del nuovo regolamento, gli attuali atti attuativi rimarranno in vigore, ancorché inapplicabili laddove incoerenti con la fonte primaria di riferimento, così come modificata dallo “sblocca cantieri”.

Tutto ciò, inevitabilmente, porta a dubitare che l’attuale processo di revisione del codice dei contratti pubblici possa perseguire una chiara direzione strategica. Prova ne sia, tra l’altro, la citata sospensione temporanea di alcune disposizioni del codice, le quali erano state inserite nell’ambito di un meccanismo, fatto di pesi e contrappesi, studiato per bilanciare finalità e obiettivi confliggenti (come ad esempio, la semplificazione e la rapidità delle procedure di appalto rispetto all’adeguato contrasto dei fenomeni collusivi, corruttivi e criminali).

Sotto questo profilo vi è dunque il concreto rischio che una modifica normativa dettata da logiche emergenziali, se da un lato ambisce a conseguire un obiettivo meritevole di tutela, dall’altro potrebbe pregiudicare il raggiungimento di un’altra finalità, alterando così l’originario bilanciamento stabilito tra interessi contrapposti.

Peraltro, occorre non dimenticare che le continue modifiche del quadro normativo accrescono sempre l’incertezza in cui si trovano a operare le S.A., con l’inevitabile rischio di produrre effetti opposti a quelli desiderati. Senza considerare poi che in difetto di un quadro normativo di riferimento coerente, chiaro e stabile nel tempo, si rende imprescindibile un programma di rafforzamento, professionalizzazione e specializzazione delle risorse umane interne alle S.A., in mancanza del quale si rischia di protrarre nel tempo proprio la situazione di stallo che lo “sblocca cantieri” si è proposto di superare.

 


Il testo è una sintesi dell'articolo pubblicato dai medesimi Autori sulla rivista NewsCasse n. 11

 

 

Paola Chirulli

È professore ordinario di Diritto amministrativo presso la Sapienza Università di Roma dove insegna Competition law and market regulation e Diritto amministrativo. È autrice di numerose pubblicazioni in materia di giustizia amministrativa italiana e comparata, urbanistica, servizi e appalti pubblici. Oltre all’attività accademica e al coordinamento di progetti e gruppi di ricerca, svolge attività di consulenza e assistenza legale per enti e società pubbliche in materia di Diritto amministrativo, Urbanistica e contratti pubblici.

Samuel Bardelloni

Avvocato amministrativista, con vasta esperienza nel contenzioso e nelle attività di assistenza alle procedure di evidenza pubblica.
È partner dello studio “Vinti & Associati - Avvocati” e socio co-fondatore di VISTA STA S.r.l.
Docente in numerosi master universitari e corsi di formazione sul public procurement.
Autore di diversi articoli in tema di contrattualistica pubblica.