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Dal Consiglio di Stato riconosciute le ragioni di Cassa commercialisti

Walter Anedda
29 gennaio 2018
TEMI MEFOP
  • Welfare liberi professionisti
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  • Spending review
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  • Casse di previdenza

Con la sentenza del Consiglio di Stato n. 109 dello scorso 11 gennaio si incrementano gli elementi a favore della tesi di inapplicabilità alle Casse di Previdenza delle norme con le quali il legislatore ha inteso estendere agli Enti dei professionisti la politica di spending review, prevedendo che i risparmi da questa generati fossero destinati ad apposito capitolo di bilancio dello Stato.

La Storia è nota: l’art. 8 del d.l. 6 luglio 2012 n. 95 prevede che anche le Casse di Previdenza siano assoggettate all’obbligo di riduzione della spesa sostenuta per consumi nell'anno 2010 in misura pari al 5 per cento (nell'anno 2012) e al 10 per cento (a decorrere dall'anno 2013).  E’ inoltre previsto che tali Enti, ancorché non ricevano trasferimenti dal bilancio dello Stato (a differenza delle altre pubbliche amministrazioni), debbano riversare le somme derivanti da tale riduzione ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato.

A fronte di tale indebito prelievo la Cassa di Previdenza dei Dottori Commercialisti ha ritenuto impugnare nelle sedi competenti (TAR e, contro il rigetto di quest’ultimo, Consiglio di Stato) i provvedimenti applicativi del citato articolo 8, eccependo, tra l’altro, l’incostituzionalità della norma. Eccezione, ritenuta fondata dal Consiglio di Stato che, ritenendo non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, d.l. 95/2012 ha rimesso il tutto alla decisione del Giudice delle Leggi.

Con sentenza 7/2017, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, co. 3, nella parte in cui prevede che la somma derivante dalle riduzioni di spesa siano versate dalla Cassa di previdenza ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, riconoscendo la sussistenza della violazione degli artt. 3, 38 e 97 Cost.

Tutto ciò in quanto la scelta dello Stato di privilegiare esigenze del proprio bilancio statale rispetto alla garanzia di prestazioni previdenziali in favore degli iscritti (che vedono sottrarsi il risparmio di spesa) non è conforme ai principi di ragionevolezza (Art. 3 Cost.), né alla tutela dei diritti degli iscritti alla Cassa (Art. 38 Cost.), né al buon andamento della gestione amministrativa della stessa (Art. 97 Cost.)

A seguito della citata sentenza, il Consiglio di Stato, rilevando la fondatezza dell’appello, ha integrato le rilevanti e dettagliate motivazioni esposte dalla Corte a supporto della propria pronuncia (cui si rimanda), evidenziando che non è ammissibile la “distrazione” dei fondi derivanti dalla contribuzione degli iscritti da quello che deve essere il loro scopo specifico.

A tal proposito è da rimarcare il fatto che il Consiglio di Stato prescinde espressamente da qualsivoglia valutazione in ordine alla natura del prelievo contributivo e dalla natura giuridica della Cassa; elemento questo non di poco conto, considerato che gran parte della tesi del ministero si fonda su una asserita ma non ben definita qualificazione pubblica dei medesimi.

Inoltre, i giudici di Palazzo Spada rilevano l’illegittimità di un prelievo che realizza un “depauperamento della massa gestita”, con una misura cui non può riconoscersi valenza tributaria, stante il fatto che tale forma di prelievo non è predeterminato in misura fissa dalla legge.

La sentenza di cui sopra, rafforzando il concetto di Autonomia Finanziaria evidenziato dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza 7/2017, pone valide e ulteriori motivazioni per ritenere parimenti illegittimo anche il disposto del c. 417 della Legge 147/2013 che, con contenuto analogo a quello della norma cassata, prevede ancor oggi un riversamento alle casse dello Stato di un importo pari al 15 per cento della spesa sostenuta per consumi intermedi nell’anno 2010.

Per completezza, rileva ricordare che il legislatore, con il comma 183 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2018, ha previsto l’esclusione degli Enti di previdenza privati dalle norme di contenimento della spesa previste per le amministrazioni pubbliche, seppure a decorrere dal 2020. A tal proposito, stante quanto sopra, ci si aspetta, razionalmente e data anche la volontà espressa dal Parlamento, che tale scadenza sia anticipata onde evitare un ulteriore inutile e logorante contenzioso.


PER APPROFONDIRE

Sentenza del Consiglio di Stato 109 dell’11 gennaio 2018 – Spending review

 

Walter Anedda

50 anni, dopo essersi laureato con lode in Economia e Commercio, presso l’Università di Cagliari, si abilita alla professione di Dottore Commercialista - professione che esercita da oltre 25 anni - dedicandosi sin da subito anche ai problemi di categoria.
Attualmente è Presidente della Cassa di Previdenza ed Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti, ente privato che annovera circa 70.000 iscritti, con un patrimonio di oltre 7,5 miliardi di Euro; carica che ha già ricoperto nel mandato 2008-2012, dopo esserne stato già Consigliere di Amministrazione e componente del Collegio Sindacale.
Esperto di tematiche previdenziali, fa anche parte del Direttivo Nazionale dell’Associazione degli Enti di Previdenza Privata, associazione che raggruppa tutti gli enti di previdenza delle libere professioni.