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Da rendiconto a leva di comunicazione...quanta strada per un bilancio

Catia Pascucci
30 maggio 2016
TEMI MEFOP
  • Organizzazione e Comunicazione
DESTINATARI
  • Casse di previdenza

Il bilancio viene sempre più spesso definito come una sorta di “casa di vetro” attraverso la quale ogni stakeholder può osservare il funzionamento dell’impresa, la sua solidità e la sua capacità di creare valore, nel medio e nel lungo termine. 

Temi centrali, che non rilevano solo per chi ha nel profitto il proprio business. Ogni organizzazione, infatti, vive in funzione e per effetto della qualità delle relazioni che stabilisce con gli stakeholder, siano essi azionisti, clienti, fornitori, partner, dipendenti. Un insieme variegato di figure, profili ed esigenze, accomunato dalla richiesta di credibilità e affidabilità; un’immagine, questa, che vale per tutto: dal vivere sociale, alla politica, alla solidarietà, all’erogazione di servizi.

Investire nell’informazione e nella comunicazione è diventato sempre più importante. Basti pensare al fatto che la percentuale di asset intangibili nelle aziende, che quarant’anni fa non superava il 20%, arriva oggi a toccare l’80%. Ciò a conferma della consapevolezza degli operatori che il valore percepito si fonda prevalentemente su asset non rappresentati nei bilanci tradizionalmente intesi. In alcuni casi è stata la norma ad intervenire, com’è accaduto per le società di pubblico interesse con più di 500 dipendenti che avranno l’obbligo di inserire nella propria relazione annuale informazioni di carattere non finanziario, afferenti alla sfera sociale, a quella ambientale, all’etica e alla governance.

Così, un documento nato in sordina e con funzione di rendiconto sommario (le prime compagnie per azioni lo citano volontariamente nei loro Statuti) diventa oggi, di fatto, un potente strumento di comunicazione. E questo non per obbligo di legge. Negli anni più recenti gli interessi di shareholder e stakeholder, azionisti e più in generale portatori di interesse, si sono sempre più avvicinati: da entrambi arriva la richiesta di una rendicontazione che non sia più l’adempimento di carattere obbligatorio ma rappresenti uno strumento di comunicazione, conoscenza ed indirizzo a supporto degli investitori e, più in generale, di tutti i portatori d’interesse.

Una sfida non solo per chi opera sul mercato, come le imprese, ma anche per coloro che, dovendo gestire un interesse costituzionalmente tutelato, come quello previdenziale, hanno implicitamente all’interno della propria mission l’obbligo di gestire al meglio il risparmio dei contribuenti, che tra gli stakeholder rappresentano una sorta di cliente privilegiato. 

Una sfida che non si risolve semplicemente cambiando, nella forma, il proprio stile di rendicontazione ma comporta una vera e propria ridefinizione delle modalità di gestione, verso un modello basato sull’armonizzazione e sull’integrazione dei processi, espressione del convincimento che “rendicontare in modo integrato significa prima di tutto pensare in modo integrato”

Una sfida che, al di là dei modelli e degli standard adottati, non può essere vinta cercando soluzioni preconfezionate. Un nuovo approccio al reporting aziendale, che mostra il legame tra strategia, governance, performance finanziaria e contesto sociale, ambientale ed economico nel quale si opera e nei confronti del quale ciascuno deve individuare il proprio perimetro di “materialità”.

La riduzione dei costi, una migliore gestione del rischio, la differenziazione in termini di brand e innovazione, il ritorno reputazionale in senso ampio sono effetti importanti anche per chi gestisce il proprio business al di fuori delle logiche concorrenziali del libero mercato. A maggior ragione in un momento in cui le difficoltà economiche e la crisi del mercato del lavoro di fatto proiettano l’attenzione individuale sul contingente, a scapito della pianificazione e della tranquillità del futuro.

Si tratta di un importante processo di trasformazione, per accompagnare il quale è necessario superare gli elementi di incertezza legati al processo valutativo dei bilanci e definire i perimetri di materialità per l’assurance, attraverso la quale vengono attestate non solo la qualità e la completezza del report ma anche l’adeguatezza di sistemi, processi e procedure.

Insomma, essere attractive ed essere percepiti come realtà in grado di generare valore passa anche attraverso i messaggi che un bilancio è capace di trasmettere. Se, sul mercato, questo mira ad attrarre investimenti di qualità e nuovi capitali, negli enti di previdenza, passati da erogatori di pensioni a operatori di welfare, può aiutare a trasformare la percezione della contribuzione obbligatoria da imposizione a opportunità. Un obiettivo ambizioso ma attraverso il quale, a parere di chi scrive, si generano valore e, al tempo stesso, sostenibilità. Per gli Enti di previdenza, non meno che per le imprese, è importante mettere in risalto, con un linguaggio che contemperi tecnicismi e facilità di lettura, le sfide del presente e la loro connessione con il lungo periodo, i rischi del contesto attuale e il grado di efficacia con cui si perseguono gli obiettivi di creazione e condivisione del valore.

Far comprendere con chiarezza come si realizzano i risultati nel breve periodo e, soprattutto, se e come essi possano essere mantenuti nel tempo significa connetterli ad azioni responsabili e sostenibili. Questo non è solo qualcosa che ha a che fare con l’etica. Dai grandi investitori ai piccoli risparmiatori, tutti oggi vogliono sapere come le imprese realizzano i loro profitti e siano in grado di garantirli nel tempo. Le aspettative di certo non si attenuano se il piccolo risparmiatore sta di fatto finanziando il suo futuro previdenziale e quello della categoria cui appartiene.

Si tratta di aspettative legittime, che nel tempo hanno superato i dati di carattere economico e finanziario, misurati e rappresentati dai bilanci tradizionali, coinvolgendo sempre più aspetti sociali, ambientali e di governance. Tutto ciò ha reso di fatto evidente che sia l’allocazione di risorse che la loro rendicontazione debbano avvenire avendo presente un insieme variegato e molteplice di indicatori e non più solo i classici indicatori di performance (Key Performance Indicator). Rischi e opportunità appaiono oggi sempre più legati a processi e contesti che vanno oltre la dimensione economico-finanziaria. 

Per questo motivo una buona rendicontazione non risponde semplicemente a criteri di trasparenza, ma deve soddisfare la necessità degli stakeholder di comprendere la capacità di creare valore nel breve, medio e lungo termine. È quindi evidente che oggi il bilancio rappresenta un importante strumento di comunicazione aziendale, in grado di aggiungere alla fluidità e alla chiarezza del linguaggio e della narrazione l’oggettività del numero e il rigore della misurazione.

 

PER APPROFONDIRE

L'articolo completo di Catia Pascucci è presente nella rubrica: Comunicare la previdenza del n. 4 di NewsCasse, uscito ad aprile 2016. 

 

 

Catia Pascucci

Direttore Amministrativo di Inarcassa, coordina e sovraintende agli adempimenti di natura contabile e fiscale dell’Ente. Laureata presso l’Università “La Sapienza” di Roma ha maturato una significativa esperienza di contabilità pubblica e civilistica. Segretario del Collegio sindacale, collabora periodicamente con la rivista dell’Associazione.