QUESITI SUI FONDI PREESISTENTI: ORIENTAMENTI INTERPRETATIVI

 

Gli orientamenti illustrati di seguito sono volti a fornire risposte a specifici quesiti pervenuti alla Commissione nei mesi scorsi, interpretando in via generale le disposizioni del d.lgs. 124/1993 per ciò che concerne le forme pensionistiche già istituite alla data del 15 novembre 1992 (di seguito anche “forme preesistenti”).

 

1.   Quesiti in ordine all’identificazione delle forme pensionistiche complementari di cui all’art. 18, comma 1, d.lgs. 124/1993

 

In ordine ai numerosi quesiti pervenuti circa l’ambito di applicazione del comma 1 dell’articolo 18 del d.lgs. 124/1993, che definisce le forme pensionistiche complementari che risultano istituite alla data di entrata in vigore della legge 421/1992, si rappresenta quanto segue.

 

L’art.18 è applicabile a tutte le forme che, derivanti da iniziative collettive, accordi o scelte contrattuali, regolamenti aziendali, eroghino rendite[1] complementari del sistema pensionistico obbligatorio, al raggiungimento dell’età pensionabile, ovvero alla cessazione dell’attività lavorativa in presenza di determinate anzianità di servizio o di iscrizione alla forma pensionistica. La medesima disciplina si applica anche nei casi in cui sia prevista l’opzione per la capitalizzazione dell’intera rendita; in tale eventualità, l’esclusione dall’obbligo di erogare le prestazioni sotto forma di rendita almeno nella misura del 50% del maturato - esclusione che opera a favore delle forme preesistenti in virtù dell’art.18 comma 7- si combina con la presenza di elementi tipici dei regimi previdenziali pensionistici, quali sono  da considerare i requisiti anagrafici e di anzianità contributiva richiesti ai fini della maturazione del diritto alle prestazioni, che peraltro favoriscono le interrelazioni delle forme integrative con i regimi pensionistici di base.

 

Per contro, si deve ritenere che siano da escludere quelle forme destinate ad erogare esclusivamente prestazioni di carattere assistenziale per le quali la componente infortunistica, sanitaria o assistenziale assume rilievo tale da collocarle al di fuori dall’ambito della disciplina del d.lgs.124/93. L’esclusione vale, in particolare, per le forme assistenziali volte a soddisfare bisogni sociali o di vita degli iscritti che eroghino unicamente rimborsi di spese mediche, rimborsi per spese funerarie, ma anche prestiti, borse di studio e altre prestazioni similari.

Per quanto riguarda i fondi che eroghino trattamenti misti, sia previdenziali sia assistenziali, in ragione dell’esclusività dello scopo delle forme di previdenza complementare, stabilita dall’articolo 1 del d.lgs. 124/1993 come interpretata dall’art. 3, comma 1, lett. d) del DM Lavoro n. 211 del 14 gennaio 1997, si ritiene che gli stessi debbano provvedere alla separazione tra attività previdenziali e attività assistenziali, organizzando forme patrimonialmente distinte. Nel caso in cui non si voglia provvedere ad organizzare forme distinte sarà necessario provvedere a dismettere le attività di tipo assistenziale, in quanto estranee all’oggetto esclusivo dei fondi pensionistici complementari.

I fondi che erogano prestazioni integrative al TFR, in cui l’elemento costitutivo del diritto alla prestazione è rappresentato esclusivamente dalla cessazione del rapporto di lavoro e dunque risulta indipendente dal raggiungimento di requisiti di età anagrafica e di anzianità contributiva, sono esclusi dall’ambito di applicazione del d.lgs. 124/93. Tali fondi possono essere ricondotti nell’ambito di applicazione del succitato decreto attraverso un adeguamento delle previsioni statutarie che trasformi il fondo in una forma pensionistica complementare sottoposta all’autorizzazione di cui all’art.4, comma 3 del d.lgs.124/93. Le posizioni individuali previdenziali di detti fondi possono, altresì, essere trasferite - ai sensi dell’art.18, comma 7, così come integrato dalla legge n.335/95 - a favore delle forme pensionistiche complementari disciplinate dal d.lgs.124/93 per gli effetti di cui all’art.13, comma 13.

 

Sono, infine, da considerarsi parte del sistema pensionistico complementare, in base all’art. 17, comma 1, d.lgs. 124/1993, i fondi che “assicurano ai dipendenti pubblici prestazioni complementari al trattamento di base e al trattamento di fine rapporto”.

 

2. Quesiti concernenti obblighi e termini di adeguamento

 

In ordine ai quesiti pervenuti in merito agli obblighi e ai termini di adeguamento, fatto salvo quanto illustrato nel successivo paragrafo 3 sui modelli gestionali, si sottolinea che, con l’entrata in vigore del Decreto del Ministro del Lavoro n.211 del 17 gennaio 1997, avvenuta nella Gazzetta Ufficiale n.160 dello scorso 11 luglio, il quadro regolamentare concernente gli obblighi di adeguamento, ad eccezione di quelli previsti nel comma 2 dell’art.18 del d.lgs.124/93, deve ritenersi completato.

 

Pertanto, sussistono tutte le condizioni normative per procedere ad effettuare le necessarie modifiche utilizzando, ove necessario, la prima occasione utile di modifica statutaria. Gli adeguamenti di cui trattasi, del resto, oltre ad essere dovuti in applicazione delle norme di legge e regolamentari, si raccomandano in quanto in grado di favorire la trasparenza e la migliore funzionalità delle forme pensionistiche.

 

Per quanto concerne, invece, gli obblighi di adeguamento previsti dall’art.18, comma 2 del d.lgs. 124/93, non essendo ancora state emanate le disposizioni specificatamente previste – che potranno essere emanate solo dopo le comunicazioni da parte dei fondi preesistenti da effettuarsi sulla base del DM Lavoro n. 211 citato – è evidente che sussiste una maggiore difficoltà di definizione dei comportamenti dovuti.

 

In ogni caso, vigono per tutti i fondi i principi generali di sana e prudente gestione che comportano, tra l’altro, diversificazione degli investimenti e particolare attenzione alle ipotesi di conflitto di interessi.

 

D’altra parte, visto che il DM Tesoro del 21 novembre 1996 n. 703 individua criteri di gestione delle risorse e limiti agli investimenti, l’applicazione corretta dei quali si ritiene conforme ad una gestione sana e prudente, è evidente che ogni volontà di adeguamento alle disposizioni vigenti per i fondi di nuova istituzione, anche prima del previsto termine decennale, è da considerarsi auspicabile oltre che legittima.

 

Per quanto, in particolare, riguarda le attività di assunzione e concessione di prestiti da parte delle forme pensionistiche preesistenti, rileva la considerazione che si tratta di attività estranee a quelle tipiche delle forme pensionistiche. Per tale motivo, nelle more dell’emanazione delle disposizioni ministeriali di cui all’art.18, comma 2, si suggerisce di tenere un atteggiamento improntato alla massima prudenza, evitando, per quanto possibile, di porre in essere attività che potrebbero risultare, a breve, disciplinate in modo restrittivo anche alla luce del divieto di assumere o concedere prestiti posto dal comma 5 dell’art.6 del d.lgs.124/93.

 

Posto che alla Commissione non compete né l’approvazione, né l’autorizzazione di piani o singoli atti di investimento dei fondi pensione, si rileva che ad essa competono funzioni di vigilanza sulla gestione tecnica, patrimoniale e contabile dei fondi pensione.  Si rileva altresì che tale funzione di vigilanza deve svolgersi in applicazione dei criteri di sana e prudente gestione anche a stregua dell’art. 2 D.M. Tesoro n. 703/96. Conseguentemente non competono alla funzione di vigilanza della Commissione apprezzamenti nel merito delle singole operazioni di investimento se non in quanto strumentali alla verifica dell’osservanza delle indicate regole di gestione.

 

L’art. 18 definisce lo speciale regime giuridico delle forme preesistenti attraverso l’espressa identificazione delle norme non applicabili, ovvero applicabili in termini differiti. Da ciò consegue che le altre norme del d.lgs.124/93, ove non connesse all’emanazione di normative regolamentari, risultano in linea di principio applicabili alle forme preesistenti fin dall’entrata in vigore del d.lgs.124/93, ovvero dall’entrata in vigore delle successive disposizioni di integrazione/modifica di tale decreto.

 

In considerazione di quanto sopra, le forme preesistenti, ove non abbiano già provveduto, sono chiamate a porre in essere gli adeguamenti richiesti. In taluni casi, le modalità dell’adeguamento alle disposizioni legislative risultano rimesse, in parte, alle determinazioni discrezionali delle fonti autonome (statuti e fonti istitutive dei fondi pensione), come è previsto per il riscatto ed il trasferimento delle posizioni individuali ai sensi dell’art.10 del d.lgs.124/93. Ferma restando la doverosità degli adeguamenti, la valorizzazione delle fonti autonome di regolazione concorre a far ritenere che le fonti citate fruiscano, nel rispetto sostanziale dei diritti garantiti dalla norma, di margini tecnici per realizzare gli adeguamenti richiesti tenendo conto dei peculiari assetti assunti nel tempo dalle diverse forme preesistenti.

 

Il criterio in base al quale alle forme preesistenti si estendono le norme non dichiarate inapplicabili porta a considerare ad esse estensibile anche l’art. 10 comma 3 ter del d.lgs. 124/93. A riprova della complessità dei criteri che presiedono alla determinazione del regime giuridico delle forme preesistenti, che comporta anche l’esigenza di verificare se particolari disposizioni del decreto risultino non applicabili in virtù di specifiche motivazioni, vi è peraltro da considerare la facoltà delle forme preesistenti di mantenere, ai fini della gestione delle risorse raccolte, modelli gestionali diversi da quelli di cui all’art. 6 comma 1, che possono risultare improntati, per espresse e caratterizzanti previsioni legislative, alla discrezionalità dell’autonomia privata di determinare liberamente i beneficiari delle prestazioni.

 

Infine, in ordine alle previsioni, riportate in alcuni statuti o regolamenti di forme preesistenti, di particolari forme di anticipazione di prestazioni, variamente denominate, si rendono necessarie alcune precisazioni.

 

In virtù della inapplicabilità dell’art.7 disposta dall’art.18, comma 7, per le forme preesistenti non trova, fra l’altro, diretta applicazione la disposizione (art. 7, comma 4) che pone il divieto di effettuare anticipazioni e riscatti diversi da quelli considerati dal medesimo art. 7, nonché dall’art.10 del d.lgs.124/93. Trarre da ciò la conclusione che le forme preesistenti possano in materia determinarsi in maniera del tutto libera sarebbe, tuttavia, eccessivo. Invero la previsione di cui all’art. 7, comma 4, ribadisce un principio che appare proprio di fondi che vogliano effettivamente e pienamente realizzare finalità di tipo pensionistico. Considerando che le forme di percezione anticipata dell’accantonamento necessariamente ridimensionano le risorse erogabili in presenza delle condizioni previste per il pensionamento, si segnala l’opportunità di procedere a ridefinire le normative statutarie che eventualmente consentono anticipazioni e riscatti diversi da quelli disciplinati dal d.lgs.124/93.

 

3. Quesiti concernenti le ipotesi di operazioni di riorganizzazione di fondi preesistenti con riguardo alla necessità di attivare una procedura di autorizzazione ex art. 4 del d.lgs. 124/93

 

I quesiti pervenuti sono inerenti alle operazioni di trasformazione o riorganizzazione (fusione, incorporazione, scorporo, esternalizzazione della forma pensionistica) dei fondi di risalente istituzione, il più delle volte, avvertite come necessarie o, quanto meno, opportune rispetto al mutato quadro normativo di riferimento (fiscale, di organizzazione interna dei fondi).

 

Al riguardo le norme che rilevano sono quelle previste negli artt.1 e 12, comma 2, ultimo capoverso, del Decreto del Ministro del Lavoro, n.211/97.

 

Il primo articolo specifica che l’ambito di applicazione del Titolo 1, riguardante i “Fondi di nuova istituzione”, si estende a “quelli risultanti da trasformazioni conseguenti a modifiche delle fonti istitutive che comportino una variazione delle categorie dei soggetti beneficiari e diano luogo all’istituzione di nuovi fondi pensione (…)”; il secondo prevede che i soggetti titolari di forme pensionistiche preesistenti comunicano alla Commissione di Vigilanza, fra l’altro, anche “le modifiche apportate allo statuto e all’eventuale regolamento di attuazione dall’entrata in vigore del decreto legislativo n. 124 del 1993, ivi compresa la modifica della forma giuridica e la trasformazione da fondo interno di cui all’articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 124 del 1993 ad una delle forme previste al comma 1 del medesimo articolo, fermo restando l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 18 del decreto legislativo n. 124 del 1993, in quanto compatibili.”

 

Sulla base del combinato disposto delle predette disposizioni, si deve ritenere che solo nel caso in cui vi sia stata una modifica delle fonti istitutive dei regimi pensionistici preesistenti che comporti un ampliamento delle “categorie” degli aderenti rispetto a quelle già contemplate dalle medesime e, nel contempo, dia luogo alla creazione di un nuovo soggetto, sia necessario attivare la procedura di autorizzazione di cui all’art. 4 del d.lgs. 124/1993.

 

Potrà invece procedersi alla sola comunicazione sulla base dell’art.18, comma 6 tutte le volte che le accennate riorganizzazioni si compendino nell’enucleazione in un unico fondo di fondi preesistenti (fusione), senza che ciò ampli le categorie dei destinatari beneficiari o, al contrario, si risolvano nell’istituzione di un nuovo soggetto (“esternalizzazione” del regime pensionistico interno) o di un soggetto distinto dal precedente (scorporo), che continua la medesima forma pensionistica preesistente.

 

Quanto detto è avvalorato in particolare dal tenore del citato art.12, comma 2 ultimo capoverso del D.M. Lavoro 211/1997 che, oltre a prevedere espressamente il caso della esternalizzazione della forma pensionistica, prevede altresì per i fondi preesistenti la comunicazione delle modifiche apportate allo statuto anche quando siano diverse da quelle relative alla sola forma giuridica; la norma in parola, per tutte le ipotesi ivi contemplate, conferma l’applicazione del particolare regime giuridico previsto dall’art.18 del d.lgs.124/93 per i fondi preesistenti, in quanto compatibile.

 

4. Quesiti concernenti i modelli gestionali

 

L’art.18, comma 1, del d.lgs.124/93 dispone che alle forme di previdenza complementare che risultano istituite alla data di entrata in vigore della legge 421/92, non si applicano gli articoli 4, comma 4 e 6, commi 1, 2 e 3 dello stesso d.lgs. 124/1993.

 

Riguardo, in particolare, i modelli gestionali, i fondi preesistenti a contribuzione definita possono continuare a mantenere la loro forma di gestione delle risorse, non essendo tenuti a seguire il regime di gestione convenzionale con uno dei soggetti abilitati di cui all’art.6, comma 1; non sono neanche obbligati a provvedere, mediante convenzione con impresa assicurativa, all’erogazione delle rendite pensionistiche (art.6, comma 2); né sono tenuti, infine - per eventuali prestazioni per invalidità e premorienza - a stipulare apposita convenzione con impresa assicurativa; i fondi preesistenti a prestazione definita, possono, infine, conservare, il regime gestionale loro proprio in quanto non sono tenuti a stipulare convenzioni con imprese assicurative per continuare ad operare in regime di prestazioni definite (art.6, comma 3) ma, al riguardo, l’art.18, comma 8 dispone espressamente che non possono essere previste prestazioni definite per i destinatari di cui all’art.2, comma 2, lett.a e (deve ritenersi) b-bis iscritti, successivamente al 28. 4. 93 (data di entrata in vigore del d.lgs.124/93), ai fondi preesistenti.

 

La norma citata dell’art.18, comma 1 implica, di fatto, relativamente ai cc.dd. “vecchi iscritti” (cioè ai soggetti destinatari iscritti anteriormente alla data del 28.4.93) che le forme pensionistiche in parola possono, come già detto, continuare la gestione diretta od anche indiretta (ma non conforme al modello tipizzato dal d.lgs.124) delle risorse finanziarie già esistenti e di quelle derivanti dai relativi apporti contributivi.

 

Di particolare problematicità si presenta la questione relativa ai modelli gestionali che possono essere adottati dalle forme pensionistiche preesistenti relativamente ai “nuovi iscritti”, cioè ai soggetti destinatari che hanno aderito e aderiscono ai fondi pensione successivamente alla data del 28. 4. 93 di entrata in vigore del d.lgs.124.

 

In merito si osserva che la norma dell’art.18, comma 8, concernente il regime giuridico dei nuovi iscritti ai fondi preesistenti, deve essere letta tenendo conto della precedente disposizione dell’art.18, cioè tenendo conto del comma 7 dello stesso articolo.

 

Quest’ultima norma infatti dispone che, ai “vecchi” iscritti ai fondi preesistenti, non si applicano gli artt.7, 8 e 13, commi 2 e 3, del d.lgs.124/93, non si applicano cioè le norme che più direttamente riguardano i “destinatari”: le prestazioni cui hanno diritto, i loro apporti finanziari, i relativi trattamenti fiscali.

 

Se si tiene conto di ciò, è da ritenersi che il comma 8, venendo a disporre in merito al regime giuridico dei “nuovi” iscritti ai vecchi fondi e precisando che ad essi si applicano le disposizioni stabilite nel d.lgs.124/93, si riferisca alla sola applicazione delle disposizioni contenute negli artt.7, 8, e 13, commi 2 e 3, che erano state prima escluse per i vecchi iscritti.

 

In altri termini, si è dell’avviso che i citati commi 7 e 8 dell’art.18, nulla dispongono quanto alla forma giuridica e ai modelli gestionali del soggetto “fondo”; hanno, invece, la funzione di discriminare l’applicazione delle anzidette disposizioni a seconda se trattasi di “vecchi” o “nuovi” iscritti.

 

Ne deriva che le forme pensionistiche preesistenti potrebbero continuare - anche relativamente ai nuovi iscritti - a mantenere i modelli gestionali in uso.

 

Sarebbero, invece, tenute ad istituire distinte gestioni, patrimonialmente separate,  nel caso in cui il vecchio fondo operi in regime di prestazione definita, il quale, per espressa disposizione, come già detto, non può applicarsi ai nuovi iscritti appartenenti ai destinatari di cui all’art.2, comma 1, lett. a  e (deve ritenersi) b-bis, del d.lgs.124/93.

 

In ordine ai limiti e alle condizioni che si ritiene incontrino le forme pensionistiche preesistenti ai fini dell’adesione di “nuovi” destinatari, si rileva che, per i fondi aziendali o interaziendali, riferiti ad imprese legate da rapporti di appartenenza allo stesso gruppo, l’ambito dei “nuovi” aderenti si ritiene circoscritto ai dipendenti (vecchi e nuovi) dell’azienda o del gruppo di imprese, che non avessero ancora aderito al fondo pensione di che trattasi.

 

Per i fondi interaziendali la cui istituzione trova fondamento in alcuni Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro di categoria, di solito limitati solo a specifiche figure professionali, i “nuovi” iscritti vanno individuati nell’ambito dei dipendenti nei cui confronti si applica il CCNL istitutivo del fondo.

 

Infine, per i fondi interaziendali promossi da operatori od associazioni di categoria (compagnie di assicurazione, brokers, associazioni territoriali di datori di lavoro, ecc...), a cui le aziende hanno aderito con specifici accordi di lavoro, si ritiene che i “nuovi” aderenti possano essere soltanto i dipendenti delle stesse aziende le quali, alla data dell’entrata in vigore del d.lgs.124/1993, abbiano già aderito ai suddetti fondi.

 

Quanto poi ai possibili rapporti tra i modelli gestionali delle forme preesistenti e la banca depositaria ex art.6-bis, si ritiene che quest’ultimo istituto non trovi applicazione per le forme pensionistiche preesistenti, in quanto la sua funzione si presenta come un necessario corollario dei modelli di gestione canonizzati nel d.lgs.124/93.

 

In ogni caso si richiama l’attenzione sulla necessità che vengano comunque adottate modalità operative in linea con l’obiettivo di una sana e prudente gestione. Tale esigenza potrebbe suggerire l’adozione dei modelli gestionali tipizzati dell’art.6, comma 1, d.lgs. 124/1993 e della banca depositaria.

 

5. Quesiti su norme fiscali

 

In relazione ai numerosi quesiti pervenuti alla Commissione riguardanti l’interpretazione di norme tributarie e fiscale, si sottolinea, per quanto possa occorrere, che l’interpretazione di tali disposizioni non rientra tra le competenze della Commissione, neppure nel caso di norme speciali riguardanti i fondi pensione.

6. Requisiti di onorabilità e professionalità

L’articolo 14, comma 1 del D.M. lavoro 211/97 stabilisce che per i componenti dell’organo di amministrazione e di controllo e per il dirigente, comunque denominato, responsabile del fondo sono richiesti i requisiti di onorabilità di cui al precedente articolo 4,co.1, lett. a), nonché l’insussistenza delle cause di ineleggibilità e di decadenza di cui alla lettera b) dello stesso articolo 4.

Nel caso in cui i componenti dell’organo di amministrazione e di controllo non possiedano i requisiti di onorabilità previsti, questi decadono immediatamente e devono essere sostituiti nel più breve tempo possibile (art.14, co.2).

Malgrado la norma non faccia esplicito riferimento al responsabile del fondo, si ritiene che l’eventuale insussistenza dei requisiti di onorabilità in capo al responsabile, debba, al pari dei componenti degli organi collegiali, comportare la sua decadenza dall’incarico.

Il comma 3 dell’articolo 14 del citato D.M. 211/97 richiede, per i componenti degli organi di amministrazione e controllo i requisiti di professionalità previsti nell’articolo 4, “nelle misure ivi indicate.”

Più precisamente , per quanto riguarda l’organo di amministrazione, almeno il cinquanta per cento dei componenti, deve essere in possesso dei requisiti di cui alle lettere a) o b) del predetto articolo, mentre la rimanente parte deve, almeno, essere in possesso dei requisiti previsti alle lettere c) e d) del medesima norma regolamentare.

Nel caso di forme pensionistiche che assicurano prestazioni esclusivamente tramite polizze assicurative (art 14 co. 3), i requisiti delineati alle lettere a) o b) devono riguardare almeno un terzo dei componenti dell’organo amministrativo, fermo restando quanto sopra detto in ordine ai requisiti che devono avere i rimanenti componenti dell’organo stesso.

Quanto ai requisiti di cui alla lettera a), si ritiene che il riferimento al settore assicurativo possa comprendere anche le imprese di brokeraggio assicurativo. Si è dell’avviso, inoltre, che l’espressione “funzioni di carattere direttivopresso società od enti ecc..., si riferisca all’esercizio, in concreto, dell’attività di direzione di un settore della struttura aziendale; appare, altresì, necessario che le funzioni siano svolte con la qualifica formale di dirigente o di funzionario.

Per i membri dell’organo di controllo sono richiesti i requisiti di professionalità previsti per i componenti dello stesso organo dei fondi di nuova istituzione (art. 4, comma 4).

 

L’art.4, co.4 stabilisce che i componenti dell’organo di controllo “devono essere iscritti al registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero di Grazia e Giustizia”.

 

Detta iscrizione si ritiene debba sussistere all’atto della verifica - prevista dall’art.12, co.2 del D.M. in parola - dei requisiti soggettivi di professionalità da parte dell’organo di amministrazione.

I requisiti di cui all’articolo 4, co.2 lettere a) o b) si considerano presenti ove i soggetti interessati, alla data dell’11 agosto 1997, risultino essere stati già membri dell’organo di amministrazione per almeno un triennio; viene comunque consentito ai componenti che siano in carica da almeno un anno la prosecuzione dell’incarico fino al termine del mandato. In tal caso, il requisito di professionalità potrà conseguirsi per effetto dell’ulteriore concreto esercizio delle funzioni (artt.4, comma 2, lett. b, e 14, comma 3, del D.M. Lavoro 211/97

 

Nel caso in cui i componenti dell’organo di amministrazione non siano in possesso dei requisiti di professionalità nelle misure previste, l’art.14, co.3 prescrive che “...gli organi devono essere integrati nel più breve tempo possibile e comunque non oltre la prima assemblea. Analoga procedura si applica per i componenti l’organo di controllo che non abbiano i requisiti di cui all’articolo 4, comma 4.

 

Si ritiene di interpretare tale norma nel senso che, a differenza della mancanza dei requisiti di onorabilità per cui è prevista l’immediata decadenza del componente dell’organo (art.14, co.2), la mancanza del requisito di professionalità, in assenza della specifica previsione di decadenza, consente al membro dell’organo collegiale in capo al quale manca il requisito previsto, di rimanere in carica fino alla necessaria integrazione dell’organo stesso.

 

La sostituzione del singolo componente dovrà avvenire entro il termine stabilito dalla citata disposizione; per le forme pensionistiche prive dell’organo assembleare, si ritiene ragionevole che l’integrazione in parola avvenga comunque prima dell’approvazione del bilancio dell’esercizio in corso.

 

Infine, quanto all’organo di controllo, appare opportuno precisare che resta fermo l’effetto decadenziale del singolo componente, previsto dall’art.2399 cod. civ., nei casi di “cancellazione o sospensione dal registro dei revisori contabili”.

 

 

 

Roma , 26. 11. 97

 



[1] Eventualmente accompagnate dal riscatto della posizione individuale in caso di perdita del requisito di partecipazione alla forma pensionistica prima di aver maturato il diritto alle prestazioni.